mercoledì 20 aprile 2011

Bertone di Grugliasco come General Motors di Halol?

Come delocalizza la GM

Storie di ordinaria globalizzazione nell’industria automobilistica.

In questi giorni la Commissione Europea ha approvato la domanda presentata dal governo belga per assistere i 2.834 operai metalmeccanici licenziati dalla General Motors Belgium e da quattro suoi fornitori. La decisione di chiudere l’impianto di Antwerp dove si produceva la Opel Astra è stata motivata con il crollo della domanda dovuto alla crisi economica. L’assistenza ai lavoratori consiste nella disponibilità di circa 9 milioni 600 mila euro per politiche attive, ovvero formazione, riqualificazione, ricollocamento e sostegno alla creazione d’impresa. La somma è parte del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), nato nel 2006 per “sostenere coloro che hanno perso il lavoro a seguito di mutamenti strutturali del commercio mondiale”.

Ora la domanda passerà al Parlamento Europeo e successivamente al Consiglio per l’approvazione finale.

Sempre in questi giorni, i media indiani seguono le vicende della fabbrica General Motors di Halol, nel Gujarat, dove l’azienda sta sostituendo i 1.600 lavoratori in sciopero da un mese. La protesta è nata per il rifiuto della direzione di riconoscere il sindacato eletto dagli operai e così arrivare a un accordo su vari punti: i salari troppo bassi, tra i 47 e i 92 centesimi di dollaro l’ora, le scarse tutele di salute e sicurezza che causano incidenti e malattie professionali, come danni gravi alla spina dorsale, i crescenti carichi di lavoro per aumentare la produttività senza compensi adeguati. L’impianto di Halol produce circa 190 auto al giorno e il blocco di gran parte della produzione ha fatto perdere finora circa 1500 veicoli. Pertanto, la GM India sta tentando di reclutare altri operai, ma le proteste non si fermano.

I lavoratori in sciopero hanno ricevuto il sostegno della Federazione metalmeccanica internazionale e di alcune organizzazioni non governative statunitensi, che hanno avviato una petizione su internet affinché la direzione riconosca il sindacato e contratti su condizioni migliori.

È una storia nota di delocalizzazione, insomma, in cui una multinazionale dell’auto si ostina a perseguire una strategia di basso costo del lavoro, senza investire nella qualità del processo e del prodotto. Per questo motivo chiude le fabbriche in Europa e le apre in paesi emergenti come l’India, con l’illusione di trovare lavoratori senza diritti e senza voce.


Di Vittorio Longhi

Il sito per la petizione: http://www.globallabourrights.org/alerts?id=0332


Efrem

1 commento:

claramenteparlando ha detto...

Grazie per la Notizia (questa sì che lo è) e per il link.

Gg