martedì 29 gennaio 2013
La vera Vittoria
Vincere, a qualunque costo.
E' questo l'imperativo che viene spesso ripetuto come un mantra negli ambienti "sportivi".
La regola è spesso interpretata alla lettera, ma esistono sane eccezioni, che incredibilmente non fanno rumore.
I mass media italiani hanno quasi ignorato un episodio che avrebbe meritato altra luce, perchè è una di quelle storie di cui abbiamo un tremendo bisogno, fosse anche solo per scaldarci il cuore e rinfrescarci la memoria sui valori sportivi.
Siamo in Spagna, il 2 dicembre scorso, dove si corre una gara di cross country e il keniano Abel Mutai, 24 anni, medaglia di bronzo nei 3000m siepi ai Giochi Olimpici di Londra, è in procinto di tagliare il traguardo.
Mancano pochissimi metri quando il keniano, che ha dominato la corsa, rallenta in prossimità del traguardo guardandosi l'orologio e credendo di essere arrivato.
Frena il passo, ma la finish lane è poco più in là, e soprattutto dietro di lui incombe la cavalcata di un altro concorrente: Ivan Fernandez Anaya.
L'atleta basco potrebbe superarlo e battere il bronzo di Londra ma...non lo fa, anzi, gli indica che non è ancora finita, mostrandogli l'arrivo in avanti e guidandolo verso la vittoria.
"Io non meritavo di vincere - ha detto Ivan (che amo definire "Il Grande") - Ho fatto quello che dovevo fare. Lui era il legittimo vincitore. Anche se mi avessero detto che la vittoria mi avrebbe garantito un posto nella squadra spagnola per i campionati europei, non l’avrei fatto. Perché oggi, con il modo in cui vanno le cose in tutti gli ambienti: nel calcio, nella società, nella politica, in cui sembra che tutto sia permesso, un gesto di onestà è anche più importante."
Jean
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