Perchè certe storie hanno il dovere di essere raccontate.
Jean
Una foto, una storia che vale la pena raccontare.
Perche può dimostrare che c’è una speranza. Perché se un gesto vale una vita allora questo gesto ne vale migliaia. Perché nessuno ricorderà mai i nomi di tutte le mani tese quando in mezzo a loro ci sono due braccia conserte.
Quelle di August Landmesser.
Germania Nazista. 13 Giugno 1936, Cantieri navali di Amburgo. Il Fuhrer assiste al varo di una nuova nave. August Landmesser lavora come operaio, con la tessera del partito Nazista in tasca. Il Nazismo ha ormai il potere assoluto e senza tessera sarebbe impossibile anche solo sperare di lavorare.
Da qualche giorno gli hanno comunicato che a causa delle nuove leggi razziali il suo matrimonio con una donna ebrea è nullo, che le due figlie non potranno mai portare il suo cognome, che è accusato di aver “disonorato la razza” e che sarà processato. Non c’è appello nè possibilità di far valere le sue ragioni. Da una parte c’è lui, un operaio tedesco armato solo di forza di volontà e di braccia, dall’altra ci sono l’ideologia, la difesa della razza, la pretesa superiorità di un popolo, un ipotetico e folle onore da tutelare ad ogni costo. Così decide di strappare la tessera del partito e di usare l’unica arma che ha, le sue braccia, per manifestare il dissenso. E si schiera, da solo, contro la più micidiale e spietata macchina da guerra che l’umanità abbia mai conosciuto. Solo. Ed approfitta di quel varo del 13 Giugno per far vedere allo stesso Fuhrer che lui, almeno lui, non è d’accordo. E ci riesce. L’unico a non tendere la mano in mezzo a centinaia di altri. Un gesto apparentemente insignificante che però viene notato e, grazie a dio, fotografato. Il gesto è piccolo ma troppo forte anche per la dittatura più feroce. Troppo rischioso lasciare che anche un uomo soltanto si permetta di non essere d’accordo. Da quel gesto in poi, come aveva immaginato, la sua vita subirà una tragica spirale di conseguenze. Licenziato, ridotto sul lastrico, processato, incarcerato per due lunghi periodi di rieducazione, che però non arriverà mai. Quando viene scarcerato è solo per essere mandato a combattere forzatamente come ultima risorsa umana disponibile, poco prima del crollo del Nazismo. E infine ucciso e sepolto insieme ad altre migliaia di soldati improvvisati e sconosciuti. Se non ci fosse stata questa foto sarebbe rimasto senza memoria e senza giustizia. Senza quel gesto sarebbe stata solo un’altra mano tesa fra le altre.
Il suo essere in disaccordo lo ha reso l’unico, in quel momento, degno di chiamarsi Uomo.
Perche può dimostrare che c’è una speranza. Perché se un gesto vale una vita allora questo gesto ne vale migliaia. Perché nessuno ricorderà mai i nomi di tutte le mani tese quando in mezzo a loro ci sono due braccia conserte.
Quelle di August Landmesser.
Germania Nazista. 13 Giugno 1936, Cantieri navali di Amburgo. Il Fuhrer assiste al varo di una nuova nave. August Landmesser lavora come operaio, con la tessera del partito Nazista in tasca. Il Nazismo ha ormai il potere assoluto e senza tessera sarebbe impossibile anche solo sperare di lavorare.
Da qualche giorno gli hanno comunicato che a causa delle nuove leggi razziali il suo matrimonio con una donna ebrea è nullo, che le due figlie non potranno mai portare il suo cognome, che è accusato di aver “disonorato la razza” e che sarà processato. Non c’è appello nè possibilità di far valere le sue ragioni. Da una parte c’è lui, un operaio tedesco armato solo di forza di volontà e di braccia, dall’altra ci sono l’ideologia, la difesa della razza, la pretesa superiorità di un popolo, un ipotetico e folle onore da tutelare ad ogni costo. Così decide di strappare la tessera del partito e di usare l’unica arma che ha, le sue braccia, per manifestare il dissenso. E si schiera, da solo, contro la più micidiale e spietata macchina da guerra che l’umanità abbia mai conosciuto. Solo. Ed approfitta di quel varo del 13 Giugno per far vedere allo stesso Fuhrer che lui, almeno lui, non è d’accordo. E ci riesce. L’unico a non tendere la mano in mezzo a centinaia di altri. Un gesto apparentemente insignificante che però viene notato e, grazie a dio, fotografato. Il gesto è piccolo ma troppo forte anche per la dittatura più feroce. Troppo rischioso lasciare che anche un uomo soltanto si permetta di non essere d’accordo. Da quel gesto in poi, come aveva immaginato, la sua vita subirà una tragica spirale di conseguenze. Licenziato, ridotto sul lastrico, processato, incarcerato per due lunghi periodi di rieducazione, che però non arriverà mai. Quando viene scarcerato è solo per essere mandato a combattere forzatamente come ultima risorsa umana disponibile, poco prima del crollo del Nazismo. E infine ucciso e sepolto insieme ad altre migliaia di soldati improvvisati e sconosciuti. Se non ci fosse stata questa foto sarebbe rimasto senza memoria e senza giustizia. Senza quel gesto sarebbe stata solo un’altra mano tesa fra le altre.
Il suo essere in disaccordo lo ha reso l’unico, in quel momento, degno di chiamarsi Uomo.
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