martedì 12 gennaio 2010

Il mio Paese 2

Chapeau ad Efrem!
Aggiungo tuttavia che proprio non mi riesce di immaginare un barlume di redenzione, riscatto, rinascita per quella terra dannata; si vede solo rassegnazione: alla barbarie, ché di questo si tratta.
L’unica - extrema ratio - sarebbe resettare tutto e impiantare nuovi germogli di senso civico, educazione, cultura, in modo da creare ciò che laggiù non è mai, e ripeto mai, esistito: la convivenza civile. Lo stato, il grande assente, dovrebbe agire come amorevole vivaista, attento guardiano, implacabile potatore. Un processo lungo, certo, i cui frutti comincerebbero, forse, ad essere visibili ai nostri nipoti. Forse.
Perché si ha un bel dire che “lo stato siamo noi”: c’è noi e noi, ipocrita e stolto chi lo nega. Dove diavolo è finita la responsabilità individuale? Questo stato (la maiuscola non la merita) ha metastasi dappertutto (stucchevole a questo punto, oltre che sgradevole, disputare sulla provenienza del tumore). Come può un malato, per di più cronico, essere medico di se stesso?
Resettare: espressione orribile nella sua asettica (inumana) derivazione informatica e terribile nelle sue implicazioni ed evocazioni, lo ammetto. Ma era per ricordare la bassezza del linguaggio del nostro tempo, in cui il bombardamento della finzione e della strumentalizzazione mediatica ha portato a una disumanità omologata (accettata), che si esprime nell’incapacità di indignarsi quando conta davvero, di sollevare obiezioni. Di tollerare che un (illeggibile) quotidiano nazionale titoli in prima pagina, con beffarda ironia, “Stavolta i negri hanno ragione”!!! Anche questa è barbarie, barbarie del linguaggio che ammutolisce e annichilisce. Francamente non so come si possa arginarla. Inevitabilmente uno guarda, osserva, legge, sente, e ogni volta la rabbia che gli monta dentro implode. E allora? Smettere di sollevare il tappeto per non vedere la montagna di immondizia? Fuggire lontano e farsi anacoreta? Sarebbe venir meno alla responsabilità individuale.
In (s)compenso avrei ancora una domanda: e adesso a quelli là chi le raccoglie le arance, e i pomodori quando tornerà l’estate?
Toccherà farlo noi? Magari germoglierebbe qualcosa. O resteremmo contagiati.

Gg

Ps1 bravo ancora Efrem a ricordare che mass media si pronuncia come si scrive: non è affatto pedanteria, ma doverosa precisazione. Anche il pressapochismo del linguaggio produce danni.

Ps2 consiglio di lettura attinente a quanto dibattuto: “L’uomo che piantava gli alberi”, di Jean Giono, Salani. Un racconto che si legge sulla tratta per Torino o prima di addormentarsi, io ce l’ho e a chi volesse lo presto volentieri.

1 commento:

claramenteparlando ha detto...

ERRATA CORRIGE: Non "Di tollerare che un..." ma "Nel tollerare che un...". Una preposizione fa la differenza.
Gg