venerdì 30 gennaio 2009

Storia del venerdì.. e buon w.e. a tutti!

Una donna di New York - USA - ha scritto a un sito di finanza americano chiedendo consigli su come trovare un marito ricco: già ciò di per sé é divertente, ma il meglio della storia é quello che un tizio le ha risposto.


LEI: Sono una ragazza bella ( anzi, bellissima) di 28 anni. Sono intelligente e ho molta classe.Vorrei sposarmi con qualcuno che guadagni minimo mezzo milione di dollari all'anno. C'é in questo site un uomo che guadagni ciò? Oppure mogli di uomini milionari che possono darmi suggerimenti in merito? Ho già avuto relazioni con uomini che guadagnavano 200 o 250 mila $,ma ciò non mi permette di vivere in Central Park West. Conosco una signora che fa yoga con me,che ha sposato un ricco banchiere e vive a Tribeca, non é bella quanto me, e nemmeno tanto intelligente.Quindi mi chiedo, cos'ha fatto x meritare ciò e xché io non ci riesco? Come posso raggiungere il suo livello?



LUI: Ho letto la sua mail con molto interesse, ho pensato profondamente al suo caso e ho fatto una diagnosi della sua situazione. Premetto che non sto rubando il suo tempo, dato che guadagno 500 mila $ all'anno.

Detto ciò, considero i fatti nel seguente modo:

Quello che Lei offre, visto dalla prospettiva di un uomo come quello che Lei cerca, é semplicemente un pessimo affare.

E ciò per i seguenti motivi:

Lasciando perdere i blablabla, quello che Lei suggerisce é una negoziazione molto semplice. Lei offre la sua bellezza fisica e io ci metto i miei soldi. Proposta molto chiara, questa.

Ma c'é un piccolo problema. Di sicuro, la Sua bellezza diminuirà poco a poco e un giorno svanirà,mentre é molto probabile che il mio conto bancario aumenterà continuamente. Dunque, in termini economici, Lei é un attivo che soffre di deprezzamento mentre io sono un attivo che rende dividendi.

Lei non solo soffre un deprezzamento, ma questo é progressivo, e aumenta ogni anno! Spiego meglio:oggi Lei ha 28 anni, é bella e continuerà così x i prossimi 5/10 anni, ma sempre un pò meno,e all'improvviso, quando Lei osserverà una foto di oggi, si accorgerà che é diventata una pera raggrinzita.

Questo significa, in termini di mercato, che oggi lei é ben quotata, nell'epoca ideale x essere venduta,non x essere comprata. Usando il linguaggio di Wall Street, chi la possiede oggi deve metterla in "trading position" (posizione di commercio), e non in "buy and hold" (compra e tieni stretto), che,da quanto sembra, é quello per cui Lei si offre.

Quindi, sempre in termini commerciali, il matrimonio ("buy and hold") con Lei non é un buon affare a medio/lungo termine. In compenso, affittarla per un periodo, può essere, anche socialmente,un affare ragionevole e potremmo pensarci su. ... Potremmo avere una relazione per un certo periodo.....

Huuummm.... Pensando meglio, e per assicurarmi quanto intelligente, di classe e bellissima lei é, io,possibile futuro "affittuario" di tale "macchina", richiedo ciò che é di prassi: fare un test drive.

La prego di stabilire data e ora.

Cordialmente



Suo Investitore

lunedì 26 gennaio 2009

Il film più bello....a parer mio

Scalata al milione di un ragazzo innamorato nel melodramma bollywoodiano di Danny Boyle
Jamal è un giovane vissuto per le strade dei quartieri più poveri di Bombay. Cercherà una rivalsa sociale partecipando al famoso programma televisivo "Chi vuol esser milionario?".


Una domanda e venti milioni di rupie separano Jamal Malik da Latika, amore infantile e mai dimenticato. Dopo averla incontrata, persa, ritrovata e perduta di nuovo Jamal, un diciottenne cresciuto negli slum di Mumbai, partecipa all'edizione indiana di “Chi vuol essere Milionario” per rivelarsi alla fanciulla e riscattarla (con la vincita) dalla “protezione” di un pericoloso criminale. L'acquisita popolarità mediatica, la scalata trionfale al milione e alle caste sociali infastidiscono il vanesio conduttore che cerca di boicottarne la vittoria, ingannandolo e facendolo arrestare. Sospettato di avere imbrogliato e torturato inutilmente, Jamal rivelerà al commissario di polizia soltanto la verità: conosceva le risposte perché ciascuna di quelle domande ha interrogato la sua straordinaria vita, devota a Latika e votata all'amore.
I personaggi del cinema di Danny Boyle contemplano tutti una magnifica ossessione, correndo a perdifiato per realizzarla. Il consumo di eroina, di sterline, di sole o di amore crea ai suoi boys una forte dipendenza e il bisogno impellente di averne ancora. Dopo i tossici friends di Trainspotting e dopo le odissee solari, dopo le spiagge incontaminate e dopo le sterline piovute dal cielo, il regista scozzese entra nello studio televisivo di Mumbai per osservare la vita di Jamal Malik, fino a svelarla nelle domande, fino a comprenderla nelle risposte. Jamal è il protagonista di una favola mediatica in cui si avverano i desideri dell'uomo indiano comune (e non solo).
Padroneggiando l'estetica e il “fondamentalismo” melodrammatico del cinema bollywoodiano, Doyle mette in scena un eroe virtuoso che (da tradizione) sconfigge il male e salva i deboli senza dimenticare di mostrare le fratture presenti nella società indiana, prodotte da un sistema nel quale sopravvivono forti disuguaglianze. Jamal è un ragazzo comune che decide di agire alla propria condizione di impotenza spalleggiato dal fratello maggiore Salim, un “angryyoung man” alla Amitabh Bachchan dotato di carisma e potere. Duro, vendicativo e leale come l'idolo del cinema indiano degli anni Settanta, Salim è un delinquente di buon cuore che ha scelto la strada del crimine per reagire ai soprusi della metropoli.
Nella Mumbai della loro infanzia i “due moschettieri” sviluppano personalità opposte che determineranno destini profondamente diversi. Latika, tra loro, a unirli e a separarli, è da convenzione elemento femminile e decorativo la cui debolezza esalta la virilità maschile. Danny Boyle interpreta e utilizza con competenza la musica, un'altra componente essenziale del cinema popolare e della cultura indiana. Sostenuto dal ritmo e dalle note di Allah Rakha Rahman, uno dei più grandi compositori indiani di soundtracks, il regista usa le canzoni in funzione narrativa, lasciando che la musica si fonda con le immagini, sottolineando e guidando le emozioni. Autore versatile, che attraversa incolume generi ed estetiche, Danny Boyle gira un film che riposa nell'alternanza del suo fortissimo e del suo pianissimo, in quella brusca scansione tra dolly sconfinati e scontri di classe, assoli sentimentali e crudeltà brutali. Tra il volo di una stella in elicottero e il tuffo di un bambino nella latrina più sporca (e lirica) di tutta l'India.


Buona settimana,
Clara

giovedì 22 gennaio 2009

20 Aprile... per non essere da meno!



Anche questa è ufficiale, la seconda tappa del Tour de Ferrò...

PALA ISOZAKI - Via Filadelfia, 82
Praticamente nel sottoscala di casa nostra...

Filippo

21 luglio


Il Boss suonerà allo stadio Olimpico di TORINO...
praticamente nel nostro giardino di casa!!!
LA DATA E' UFFICIALE!!
J.

lunedì 19 gennaio 2009

Borsellino: omicidio di Stato?

Facciamo un po' di informazione, di quella di cui non si deve parlare , quella che non deve finire sui giornali e tantomeno ai tg ...in quelli "tirano" di più le tettone e quelli dei reality ...

Il testo, che potete leggere clikkando sul titolo, è un po'lungo ma estremamente interessante e probabilmente anche tristemente realistico,dipinge una teoria a cui personalmente credo.

Buona lettura , vi metto di seguito solo l'incipit per spronarvi...

Buongiorno a tutti,
oggi parliamo di un processo scomparso, un processo dimenticato. Anzi, per nulla dimenticato. Proprio perché chi di dovere lo sa che non ne parla. E dopo capirete il perché.
A Palermo, in un’aula della quarta sezione penale del Tribunale, si sta processando l’ex capo dei servizi segreti civili, cioè l’ex capo del SISDE. Che è un prefetto, ma è anche un generale dei Carabinieri e si chiama Mario Mori. Un omino piccolo, un valoroso ufficiale dell’Arma, che ha lavorato con Dalla Chiesa ai tempi del terrorismo, che ha lavorato al R.O.S. – il Reparto Operazioni Speciali dei Carabinieri – ha guidato il R.O.S.
E’ un pluridecorato e plurimedagliato per la cattura di Riina e altri latitanti mafiosi, eppure pare nasconda dei segreti. Pare. Nessuno è in grado di affermarlo con certezza. Il processo è in corso. Ma io ne sarei abbastanza certo in quanto penso che questo sia una delle massime eccellenze investigative che abbiamo avuto in Italia. E che evidentemente nella stagione delle stragi di mafia è stato investito da un qualche potere che non conosciamo – ecco perché dico ‘pare’ che nasconda dei segreti – del compito, dell’ingrato compito, del terribile compito di trattare con la mafia mentre l’Italia veniva messa a ferro e fuoco dalle bombe, in Sicilia nel ’92 e addirittura nel continente, a Milano, Roma e Firenze, nel ’93.



Madrina.

U2 au concert d'investiture d'Obama à Washington

Bruce Springsteen au concert d'investiture d'Obama

FARE POESIA CON LA MDP: L'OSPITE INATTESO


Pungolato (as usual) da Jean Nonu, vinco l’inerzia e torno a firmarmi sul nostro caro blog (invero un po’ trascurato negli ultimi tempi).
Il pretesto (ma mica tanto) è “L’ospite inatteso” (The visitor), film passato all’Aurora nel week-end. Un autentico gioiello, come i deliziosi monili etnici creati e venduti da Zainab, la fidanzata senegalese, inizialmente scontrosa e anche un po’ acida, del ben più empatico Tarek; la dimostrazione che si può fare poesia con la macchina da presa, intendendo per poesia la capacità di invenzione sul piano del linguaggio (audiovisivo nella fattispecie) e attraverso quella - grazie anche alla qualità della sceneggiatura e delle interpretazioni (su tutti Richard Hopkins nei panni del protagonista Walter Vale) - emozionare, commuovere, propiziare riso, indignazione, riflessioni. (Personalmente, da spettatore come da lettore di solito pretendo più del mero intrattenimento).
È un film sincero (non ruffiano e finto come quelli di Muccino), credibile perché fatto della stessa materia della vita reale, la vita vissuta: lutti, incontri, rinascite, svolte, addii, rimpianti, sentimenti frenati dal pudore (non difficile rinvenire analogie nei destini dei quattro protagonisti sia pure tra loro così diversi). E quel senso di candido imbarazzo e di tenera inadeguatezza ricorrenti nella quotidianità. E quella comicità che è lo scarto tra il fallace modello di successo imposto dal Sistema e le intime aspirazioni dell’individuo.
Di questa regia che, con sintesi straordinaria, sa sprigionare emozioni e significati (e divertire: penso alla vendita del pianoforte), esemplificativa è la scena dell’addio in aeroporto tra Walter e Mouna (splendida incarnazione della fiera saggezza delle donne mediorientali). Lui, le lacrime agli occhi, fermo a guardarla allontanarsi verso il gate, lei, un velo di pianto, che si gira un’ultima volta (ma inquadrata a distanza, quindi una soggettiva di Walter), il rombo di un aereo e la mdp che sfoca un gigantesco drappo a stelle e strisce, così visualizzando (rendendo cinematograficamente) l’illusione e il dissolversi dell’american dream per i protagonisti (e non soltanto loro).
Il quid semantico, il lascito di questo piccolo grande capolavoro (la morale, anche, se vogliamo) sta nel ponte tra l’inizio e la fine. Nella prima scena l’insegnante di pianoforte spiega a Walter, totalmente sprovvisto di talento, che le dita sui tasti vanno tenute arcuate: per sentire passare il treno. Nell’ultima (un’inquadratura frontale), lo vediamo su una panchina della metro intento a suonare il tamburo regalatogli da Tarek (lo strumento che ha ridato ritmo alla sua piatta esistenza), e un treno sfreccia improvviso. Se non è poesia questa.

Come direbbe il mitico Rob Brezny (il geniale autore dell’oroscopo di Internazionale), il compito post visione è mettersi nelle condizioni di sentire passare il treno.

E adesso vado a procurarmi il primo film di Tom McCarthy: The Station Agent.

Gg

mercoledì 14 gennaio 2009

ARMANI


Ecco a voi la nuova pubblicità di Armani !!

FABI A Savigliano!


I lettori d'oltralpe (Michela)e dell'hinterland torinese (Tota)saranno lieti di sapere che NICOLO' FABI suonerà al teatro Milanollo di Savigliano il 27 febbraio.
Pare che il cantante stia anche cercando qualcuno che lo possa ospitare e invitare a cena dopo il concerto...
J.

lunedì 12 gennaio 2009

FABER


Sono giorni di grandi celebrazioni e parole su quell'immenso artista che fu De Andrè, spese a celebrare il decennale della sua morte.
Chi sia stato De Andrè lo raccontano i testi delle sue canzoni.
Come:
"Vecchio professore, cosa vai cercando in quel portone? | Forse quella che sola ti può dare una lezione; | quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie, | quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie.

Se tu penserai e giudicherai da buon borghese | Li condannerai a cinquemila anni più le spese | Ma se capirai, se li cercherai fino in fondo | Se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo. "

Se vi capitasse di fare un salto a Genova (come a me, in una disgraziata giornata di vento e di 3 mazzate rossoblu,...ma Genova resta sempre meravogliosamente, si meravogliosamente bella) vi suggerisco di vedere la mostra a lui dedicata.
Davvero una bella mostra.
Per vedere il sito clikka QUI
J.

giovedì 8 gennaio 2009

Consigli per una serata di neve


Una sera di neve, la voglia di vedere un dvd, ed eccomi d'innanzi al distributore a pensare che non c'è nessun film interessante.
Attirato dal cast scelgo "A casa nostra" della Comencini.
Ve lo consiglio (consigliamo, anche Tota è d'accordo).
Non sono capace a tracciarne una recensione , così vi riporto quella di D'agostini (La Repubblica)
Jean

I furbetti di "A casa nostra" raccontano l'Italia di oggi

«Voi credete di poter fare come vi pare, ma questo paese è anche casa nostra!». Così il capitano della Guardia di Finanza Valeria Golino a brutto muso al furbetto Luca Zingaretti dopo mesi di intercettazioni senza essere riuscita a incastrarlo: un magistrato sta dalla sua parte. E lui, rabbioso: «Lei è una donna sola, quelli come lei provano gusto a perseguitare quelli come me». E il succo civile di un turn che è sicuramente molto civile ma secondo modalità diverse da una tradizione italiana che è stata grande. Tanti destini incrociati (un po' "alla Kieslowski", ormai si dice sempre così) nella Milano di oggi. Da una parte furbetti tracotanti e ben vestiti, portaborse, prestanome, mantenute, magnaccia e "finanziatori" dalla moralità più che dubbia, e anche un non meglio identificato "presidente" dall'accento molto lombardo e almeno pubblicamente propugnatore di valori dio-patria-famiglia. Dall'altra un professore in pensione, un'infermiera, un benzinaio, una prostituta di buon cuore e la poliziotta. Gente per bene, che tira la carretta. Uno spaccato italiano, il denaro sembra vincere ma forse no, non sempre. Non davanti alla resa dei conti. Un film severo, triste, ma anche vigoroso A casa nostra di Francesca Comencini. Lode agli attori, una particolare a Giuseppe Battiston.
da La Repubblica, 20 ottobre 2006