mercoledì 5 ottobre 2011

Addio Anna Lisa coraggioso "faro di vita" Mario Calabresi

Copio ed incollo il bell'articolo di oggi di Calabresi  in prima pagina su La Stampa

"Sono Anna, Anna-staccato-Lisa, quella del blog», mi fissa sorridendo e la sua faccia sembra avere la forma di un punto interrogativo. Si chiede se l’ho riconosciuta, lì in mezzo alla gente che è in fila per farsi fare una dedica sul libro. Io ci metto un po’ a risponderle perché ho un tuffo al cuore e per l’emozione mi si è bloccata la voce. Certo che ti riconosco, penso, ma cosa ci fai tu qui, a Pietrasanta, in un bellissimo pomeriggio di sole di inizio giugno. Nella mia testa dovrebbe essere in un letto di ospedale a Livorno, a combattere contro le recidive di un tumore che la tormenta da tre anni. E’ giovane, ha due occhi con dentro un lampo di vita così scintillante che non ricordo di averne visti di simili. La conosco solo per mail, anzi la conosco perché una signora che si firmava «Una vecchia sognatrice» una domenica di maggio mi ha scritto per segnalarmi quel blog dal titolo «Ho il cancro». Un titolo che spaventa, eppure la «vecchia sognatrice» mi sollecita a andare a leggerlo: «Questo blog è un’iniezione di coraggio quotidiana.




Anna Lisa è un faro di vita: ha dignità, energia, ironia. E smuove i cuori nell’intimo». Allora sono andato a cercarlo e ho trovato qualcosa che non mi aspettavo: l’ultima lettera della parola cancro era un fiocchetto rosa, il sottotitolo recitava «Il blog di una malata coccolata, viziata, amata, fortunata», e tutto intorno c’erano disegnate delle farfalle e delle api. Ricordo esattamente quella notte in cui mi sono messo a leggerlo, dopo aver finito di lavorare, quando il giornale si svuota, c’è finalmente silenzio e i telefoni smettono di squillare. Mi sono immerso nella sua sofferenza, nel suo stupore, ho avuto paura di leggere ma ho trovato la sua mano che mi tirava dentro per scoprire quanta vita c’è quando si sente la morte. Quanta energia e speranza ci possono essere quando si è capaci di amare e di riconoscere il bene. E di quanta leggerezza si può trovare anche se si è in mezzo alla più dura battaglia: «Ho vinto una risonanza magnetica alla mia testolina per domani mattina!!! Quante fortune che ho! E sapete che cosa c’è di ganzo? Che a ’sto giro mi ci porta l’ambulanza!!! Proverò l’ebbrezza della sirena in autostrada!!! Perché... l’accenderanno la sirena, vero? No, sennò scendo eh!». Sono state queste le prime parole che ho letto sul blog, poi ho cercato la sua storia, eccola: «Mi chiamo Anna staccato Lisa, ho 33 anni, sono nata e abito in Toscana. Nel 2008, all’età di 30 anni, avevo un lavoro che tutto sommato mi piaceva, un fidanzato fantastico conosciuto da soli sei mesi, tante amicizie meravigliose e un rapporto stupendo con la mia Mamy. Ero in ottima forma fisica, facevo regolarmente sport ed ero corteggiatissima, coltivavo i miei hobbies, ridevo, mi divertivo, viaggiavo, sognavo, raccontavo la mia vita sul blog, facevo progetti e stavo bene: era decisamente un periodo positivo, tranquillo, sereno. Poi, il 21 novembre 2008, mi hanno diagnosticato un tumore al seno. Per oltre un anno ho lottato contro quel cancro cattivo, aggressivo, "vivace" (come lo definì poi il mio chirurgo), contro la "bestiaccia" come la chiamo io. Ho fatto 11 cicli di chemio e due interventi. Ho combattuto tanto, è vero, ho sofferto, ma ho anche raccontato e condiviso tutto e proprio grazie alla mia mamma, al mio fidanzato, alle mie amicizie, ai miei affetti e al mio blog, posso dire di avere avuto un grande aiuto. Lo diceva anche Shakespeare: "Quando nel dolore si hanno compagni che lo condividono, l’animo può superare molte sofferenze".



«Nel marzo del 2010, all’età di 32 anni, quando avevo ricominciato a prendere in mano la mia vita, mi hanno diagnosticato una seconda "bestiaccia": metastasi ai polmoni e ai linfonodi del torace. Ho fatto altra chemio, ho fatto radioterapia e terapia ormonale. Ho dovuto fare trasfusioni di sangue, di piastrine. Ho preso e sto prendendo una marea di farmaci, ma nonostante tutto so che non potrò mai guarire. Non ci sono cure, non ci sono terapie per il mio cancro. Posso solo sperare di cronicizzare la malattia, di conviverci. E quindi continuo a lottare, continuo a condividere, continuo a raccontare la malattia sul mio blog e continuo a considerarmi una malata coccolata, viziata, amata e fortunata. E se la "bestiaccia" è così vivace... beh, io lo sono di più!».



Dopo quella notte abbiamo adottato il blog di Anna Lisa e lo abbiamo messo sul sito della Stampa e siamo rimasti colpiti da quante persone si sono messe a seguirlo, da quanti nuovi amici le hanno fatto sentirle calore e coraggio.



Anna Lisa mi aveva scritto e ora - un mese dopo - eccola qui, in carne e ossa, uscita dall’ospedale e da Internet per diventare una realtà vera. «Certo che ti riconosco - riesco a dirle - e sono felice e stupito di vederti qui». Mi allunga un barattolo di miele, fatto a casa sua, è il suo modo per ringraziarmi. La abbraccio e cominciamo a parlare, mentre racconta la scruto per capire cosa pensa davvero, se il suo ottimismo è una negazione della malattia o è davvero la convinzione che ogni attimo valga la pena di essere vissuto. La risposta me la regala senza giri di parole, è la stessa che trovo nel suo blog: «Passo momenti durissimi, dolori che mi sfiancano, ma sono contenta per la forza che mi è venuta nel mio animo, nella mia mente. Sto programmando un sacco di cose, ho un sacco di idee. E non importa se non tutte riuscirò a realizzarle, è bello anche solo immaginare, sperare, programmare».



Poi è arrivata l’estate e insieme la scoperta di metastasi ai linfonodi del torace, ai polmoni, al fegato. «Come volete che mi senta? Ogni parola sarebbe inutile e non mi va di star qui a piangermi addosso e lamentarmi. Continuerò a lottare, come ho sempre fatto, consapevole del fatto che forse non vedrò mai la laurea della Petra, non conoscerò mai la fidanzata di Jacopo e mi perderò il diploma di Sara. Ma so anche che quello che mi resta da vivere me lo godrò il più possibile. Nei momenti in cui starò bene penserò... a star bene, punto e basta».



Aveva ancora due sogni nel cassetto: il primo era di fare un libro in cui raccogliere i suoi post migliori, la storia del suo accanimento per la vita. La notizia che glielo avrebbe pubblicato la Mondadori l’ha ricevuta nel reparto Cure Palliative dell’ospedale di Livorno nel giorno in cui i medici le hanno detto che non c’erano più cure da fare. «Ho provato tutto il provabile - mi ha scritto - e non mi resta che... aspettare..., ma questa notizia del libro mi ha fatto felice nonostante tutto». Ha firmato il contratto a metà della scorsa settimana, in un momento in cui non era intontita dalla morfina.



Il secondo sogno era di sposarsi e il suo Andrea le ha fatto la sorpresa a Ferragosto. Il matrimonio, di cui esiste un bellissimo video su YouTube, si è svolto nella cappella dell’ospedale: lei aveva l’abito bianco con il velo, è arrivata su una sedia a rotelle piena di palloncini e c’erano 200 invitati e una magnifica torta in cui lei era Biancaneve e il suo sposo Superman. E’ stata una cerimonia naturale, senza forzature, senza pietismi, piena di felicità e di musica.



Anna Lisa non è più uscita dall’ospedale, il viaggio di nozze è stato un viaggio nel dolore, ad un certo punto ha chiesto agli amici di essere lasciata sola per qualche giorno, voleva fare i conti con l’idea della morte: «Ho avuto bisogno di stare da sola col mio dolore, fisico e psicologico. Ho avuto bisogno di silenzio».



Poi è tornata a casa un’ultima volta: «Mi hanno concesso una mezza giornata d’aria, come i carcerati. Un medico e un infermiere mi hanno accompagnato. Munita di ossigeno, morfina, sedia a rotelle ed entusiasmo, sono tornata a casa mia e Dio solo sa quanto è stato difficile per me poi venir via. Ho voglia delle mie cose. Ho voglia della mia gatta. Ho voglia del mio lettone, del mio bagno, del caos sulla mia scrivania».



Ieri notte Anna Lisa se n’è andata, abbiamo ricevuto migliaia di messaggi, di tutti quelli a cui ha regalato il privilegio di rendersi conto di quanto sia inutile piangersi addosso, sprecare le proprie giornate e di quanta felicità possa esserci perfino nel disordine di una scrivania."
 
Madrina

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