martedì 5 febbraio 2008

Ricordiamoci !


Guardate qs video , sicuramente il soggetto intervistato non vi dirà molto ...
Peccato , perchè è uno dei tanti uomini siciliani "per bene" che ha pagato con la vita la sua disobbedienza alla mafia.

Alcuni di noi hanno avuto la fortuna la scorsa settimana di assistere al Milanollo ad un bellissimo "spettacolo" teatrale sull'uccisione, e relativo processo ,di Giuseppe Fava, l'intervistato del video .

Lo spettacolo è veramente ben allestito e anche la formula , del flash back e dei molteplici personaggi interpretati dai soli due protagonisti, ti incolla lo sguardo al palco e ti obbliga a seguire con molta attenzione.

Però la cosa che però più mi ha colpito è che io la storia di Fava la conoscevo , come ben ricordo il giorno in cui ho visto le immagini di Capaci o il giorno, caldissimo, in cui ho sentito alla tv della strage di Via Amelio; si, li ho lì scolpiti nella memoria quei momenti terribili ma la tendenza dilagante degli ultimi anni di rimuovere la parola "mafia" dal dizionario quotidiano e gli annessi brutti ricordi alla fine aveva tarlato anche me .

Tutto ciò solo per spiegarvi perchè trovo giusto metttere qui la storia di Fava ,lui x tutti gli altri come lui , solo per non dimenticarci in che paese viviamo e che la mafia, per quanto "fuorimoda", esiste, vive e prolifera, adesso come nel 1984 quando fu ucciso Fava.

Lo spettacolo:
L'istruttoria
di Claudio Fava
regia di Ninni Bruschetta
con Claudio Gioè e Donatella Finocchiaro
musiche eseguite dal vivo dai Dounia
produzione Nutrimenti Terrestri

E' la storia degli atti del processo in morte di Giuseppe Fava, firmata del figlio del giornalista ucciso, Claudio, per la regia di Ninni Bruschetta. Atti ricostruiti e drammatizzati in forma teatrale, conservando sempre estrema fedeltà alla verità delle cose che in quel dibattimento furono dette. E di quelle che furono taciute.

Ma questo processo, vecchio archetipo del teatro-verità, è anche un pretesto per raccontare un tempo e un luogo. Il tempo è quello dell'omicidio di Pippo Fava, assassinato dalla mafia davanti all'ingresso del Teatro Stabile di Catania il 5 gennaio 1984. Il luogo è la sua città che, nel racconto teatrale, diventa - di volta in volta - il luogo della ribellione e quello della rimozione. Una città capace di celebrare i propri morti, rispecchiarsi nella loro battaglia e di divorarne al tempo stesso la memoria.

Così fu anche per Giuseppe Fava. Duecentotrentaquattro udienze, duecentosessanta testi ascoltati, seimila pagine di verbali… Di quel processo, poco conosciuto, oggi resta in apparenza solo una sentenza di condanna, ormai definitiva. Eppure, dietro i riti della giustizia, c'è sempre altro. Come la celebre Istruttoria di Peter Weiss non è solo il canto d'orrore e di dolore per l'inferno dei lager nazisti, anche questa istruttoria racconta la morte di un giornalista per narrare tutta la ferocia della mafia, l'oltraggio irrisolto della sua violenza, la viltà dei complici. E soprattutto la rabbia dei sopravvissuti.


Chi era Giuseppe Fava :
Giuseppe Fava detto Pippo (Palazzolo Acreide, 15 settembre 1925 – Catania, 5 gennaio 1984) è stato uno scrittore, giornalista e drammaturgo italiano, oltre che saggista e sceneggiatore.

Fu un personaggio carismatico, apprezzato dai propri collaboratori per la professionalità e il modo di vivere semplice. È stato direttore responsabile del Giornale del Sud e fondatore de I Siciliani, secondo giornale antimafia in Sicilia; il film Palermo or Wolfsburg, di cui ha curato la sceneggiatura, ha vinto l'Orso d'oro al Festival di Berlino 1980. È stato ucciso nel gennaio 1984 e per il delitto sono stati condannati dei membri del clan mafioso dei Santapaola. È considerato il primo intellettuale ucciso da Cosa Nostra.
Alle 22 del 5 gennaio 1984 Giuseppe Fava si trovava in via dello Stadio e stava andando a prendere la nipote che recitava in Pensaci, Giacomino! al Teatro Verga. Aveva appena lasciato la redazione del suo giornale. Non ebbe il tempo di scendere dalla sua Renault 5 che fu freddato da cinque proiettili calibro 7,65 alla nuca. Inizialmente, l'omicidio venne etichettato come delitto passionale, sia dalla stampa che dalla polizia. Si disse che la pistola utilizzata non fosse tra quelle solitamente impiegate in delitti a stampo mafioso. Si iniziò anche a frugare tra le carte de I Siciliani, in cerca di prove: un'altra ipotesi era il movente economico, per le difficoltà in cui versava la rivista.

Anche le istituzioni, in primis il sindaco Angelo Munzone, diedero peso a questa tesi, tanto da evitare di organizzare una cerimonia pubblica alla presenza delle più alte cariche cittadine. Le prime dichiarazioni ufficiali furono clamorose. L'onorevole Nino Drago chiese una chiusura rapida delle indagini perché «altrimenti i cavalieri potrebbero decidere di trasferire le loro fabbriche al Nord». Il sindaco ribadì che la mafia a Catania non esisteva. A ciò ribatté l'alto commissario Emanuele De Francesco, che confermò che «la mafia è arrivata a Catania, ne sono certo», e il questore Agostino Conigliaro, sostenitore della pista del delitto di mafia.

Il funerale si tenne nella piccola chiesa di Santa Maria della Guardia in Ognina e poche persone diedero l'ultimo saluto al giornalista[9]: furono soprattutto giovani ed operai quelli che accompagnarono la bara. Inoltre, ci fu chi fece notare che spesso Fava scriveva dei funerali di stato organizzati per altre vittime della mafia, a cui erano presenti ministri e alte cariche pubbliche: il suo, invece, fu disertato da molti, gli unici presenti erano il questore, alcuni membri del PCI e il presidente della regione Santi Nicita

Madrina

1 commento:

claramenteparlando ha detto...

Brava Madrina, bel POST.
J.