mercoledì 9 maggio 2007

MIO FRATELLO E' FIGLIO UNICO

ELIO GERMANI: NON UNA STAR, MA UN ATTORE VERO

Ho fatto in tempo a vederlo prima che Cinecittà lo estromettesse.
Esaudisco per iscritto la richiesta di un commento da parte di Tota & C., così provando a fare chiarezza innanzitutto dentro la mia cabeza.
Non smonterò il plot (Rulli e Petraglia formano la più affiatata e affidabile e navigata coppia di sceneggiatori in Italia: ci sono loro dietro "Romanzo Criminale").
Non analizzerò la regia di Lucchetti (che spesso e volentieri ricorre a inquadrature ravvicinate e primi piani, come a voler anteporre la dimensione psicologica ed emotiva all'ambientazione storico-sociale che pure risulta attendibile. Anzi, forse proprio tale strategia registica scongiura schematismo e partigianeria, fermo restando che non è difficile immaginare le simpatie politiche degli artefici del film, che è comunque buono).
Tantomeno spenderò parole per Scamarcio e per quell'incantevole francesina (Diane Fleri) che m'ha fatto innamorare più di Jasmine Trinca. O per la Finocchiario (madre anche in "Lezioni di volo") e lo Zingaretti mussoliniano.
Dirò piuttosto del protagonista, Elio Germani, e del suo personaggio. Germani è la dimostrazione che si può essere bravi attori senza essere una star. La sua interpretazione ha portato a maturazione le precedenti, sebbene non fossero predominanti (penso a "Che ne sarà di noi", altro film giovanilistico e generazionale sugli anni di piombo). Già allora Germani era il ragazzo diligente, fidato, leale, consapevole che i sentimenti sono materia preziosa e delicata (di qui il suo blocco verso l'altro sesso). Vagamente conservatore ma non bigotto. Anzi, ansioso di capire, e desideroso di realizzarsi secondo le proprie intime aspirazioni. Inadeguato, pertanto, sia al rigido mondo dei vecchi che a quello caotico della contestazione.
In "Accio" Benassi ritroviamo, più marcati, tutti questi tratti. E'un personaggio che rimane impresso e piace perchè vero, per nulla stereotipato (indossa la canotiera della salute per ottemperare alle direttive materne, nelle scene estive gli si notano vistosi aloni di sudore ascellare, fa delle cazzate, cede spesso all'impulsività). Perchè sinceramente (a tratti simpaticamente) tormentato. Da che cosa? Dall'impossibilità di accordare le proprie corde interiori al complesso e variegato spartito delle relazioni interpersonali.
Il problema non è lui: il problema sono gli altri, i contesti di aggregazione dove, si badi bene, sempre di sua sponte decide di entrare, convinto ed entusiasta. E dai quali puntualmente esce tradito e deluso. In seminario rifiutano di rispondere ai suoi assillanti e legittimi interrogativi. La madre gli vieta d'iscriversi al liceo quantunque lui abbia rispettato i patti (la promozione colla media dell'8). Si smarca dai camerati prima e dai compagni poi (speculari) perchè in anticipo ne coglie la deriva brigatista (comprende cioè che la lotta armata non è al servizio dell'ideale ma ha sostituito l'ideale).
In fondo, Accio Benassi è un solitario, e un ingenuo (secondo Gramellini saranno quelli come lui a salvarci, speriamo). Ma un ingenuo con cervello. E con un cuore grande, immune da rancore: prende con sè il nipotino e torna a casa, da quella famiglia nella quale era sempre stato il brutto anatroccolo, il cenerentolo, lo scapestrato, la testa matta.
Come, presumo, il romanzo cui è ispirato ("Il fasciocomunista"), il film è una storia di formazione del protagonista, e, mediante tale processo, di educazione dello spettatore.
Accio (e il film con lui) perviene alla conclusione che per quanto il mondo là fuori faccia schifo e tenda ad omologarti od espellerti, estraniarsene vorrebbe dire lasciarlo così com'è; e le risorse per renderlo un pò migliore, e così trovare il proprio posto, sono dentro di noi e si chiamano coraggio e altruismo.
La burocrazia logora. Il fanatismo ideologico (qualunque fanatismo) conduce al baratro (Marrico). La pazienza e l'onestà (dei genitori) non avrebbero pagato. Coraggio e altruismo, ci vogliono, coraggio e altruismo.
E, come pare di cogliere nella solitaria scena finale sulla spiaggia, la capacità di andare avanti affrancati dai ricordi e tuttavia senza tradirli. A pensarci bene, organizzando e guidando l'occupazione degli alloggi popolari, quindi soddisfando finalmente la sua sete di giustizia sociale, Accio onora la memoria delle due figure che più hanno influito sulla sua crescita: l'amato fratello e l'amico Mario Nastri. Sia pure da posizioni antitetiche e con metodi egualmente sbagliati e deprecabili, il sindacalista e il nostalgico non avevano forse perseguito lo stesso obiettivo, questo obiettivo?
Gg

3 commenti:

claramenteparlando ha detto...

Dopo la Tornabuoni e D'Agostini,direi che Giangi entra nel gruppo dei miei critici di fiducia!Bel commento,propongo di aprire una Rubrica periodica!
Jean

claramenteparlando ha detto...

Grassie nonu! Sempre entusiasta ti vers i giù.
gg

claramenteparlando ha detto...

MA GRANDE GIANGI!!!!! mi devo inchinare: hai superato di gran lunga la lietta...anche se mi hai liquidato quasi subito il buon scamarcio che, anche con il ciuffo iniziale spiaccicato sulla fronte, ha sempre il suo bel perchè!!! che ne dite di continuare a sostenere il cinema italiano con "notturno bus" magari domenica sera???
besos
la tota